CINQUANTA CORONE D’ALLORO: DAMSIANI PENSIERI | Il corso di studio in Discipline delle Arti, della Musica e dello Spettacolo (DAMS) dell’Università di Bologna compie 50 anni

Era il lontano 2004, una diciannovenne si preparava a fare le valige e lasciare il suo paesello calabrese per raggiungere la mitica città di Bologna.

Nessun compagno di scuola aveva scelto di studiare assieme a lei, erano quasi orientati nella totalità per la Giurisprudenza (in effetti tutti avvocati sono diventati al suo paese). Nessuno, però, era riuscito a distoglierla dalla scelta intrapresa. Qualcuno le disse: “Se scegli questo corso di laurea ti ritroverai con un pugno di mosche in mano” o ancora “ Guarda che poi tornerai piena di pentimento e con i neuroni consumati dal fumo. Pensaci bene”.

Ci pensò, ci pensò a lungo… Ma niente e nessuno fermò la sua corsa.

E arrivò il giorno da matricola. Trascorse il tempo a capire che outfit indossare, a pensare cosa potesse essere idoneo in un contesto accademico. Poi senza farsi troppe paranoie optò per una tuta dell’Adidas bianca con cerniera, dei jeans chiari e la sua immancabile montatura in acetato lilla con strass laterali.

Ci mise una vita a capire come raggiungere Via Mascarella…

Era sola, al freddo, a piedi e senza indicazioni. Quando raggiunse la sede per il corso di “Letteratura italiana contemporanea” ci rimase piuttosto male. Garage al posto di portoni antichi e cortiletto con muretti in cemento. Era davvero approdata nella dotta Bologna? Capì subito che si trattava di un ambiente provvisorio che avrebbe accolto la didattica per un po’ di tempo (in realtà qualche anno in attesa della fine dei restauri di Palazzo Marescotti). La cosa che la spiazzò senza mezzi termini fu la platea di studenti che le si presentò davanti.

La sua vicina di banco a destra era una ragazza che nel taschino portava un chiuaua; finto? Direte voi. No, vero! Alla sua sinistra una giovane dai lunghi capelli neri con metà guancia stracolma di piercing. In mezzo a quelle duecento anime vide spuntare anche un giovane con la cresta “arcobaleno”.   Per un attimo credette di trovarsi in mezzo ad un concerto di musica punk, dark new wave. Attivò la modalità “resta con i piedi a terra” e “pensa che è tutto vero”.

Quella realtà si chiamava DAMS (Discipline delle arti, della musica e dello spettacolo).

E quindi, direte voi, la povera diciannovenne si perse d’animo?

Assolutamente no! Iniziò per lei l’avventura più bella ed emozionante di tutta la sua vita.

Si alzava alle 6 del mattino e si faceva 30 minuti di bus con in cuffia Bach, Berlioz, Chopin, Depeche Mode, Einsturzende Neubauten, per raggiungere il centro di Bologna.

E tornava a casa alle 19:30.  Perché, cosa credete? Che studiare al DAMS è sinonimo di sciatteria, negligenza, e del beato oziare?

Giammai!!!

Chi ha avuto la fortuna, come Elisabetta, di frequentare il corso di “Letteratura italiana contemporanea” ricorderà del professore Piero Pieri, l’autore di  Les nouveaux anarchistes.

A lui molti devono la conoscenza di quel  Mondo visionario, fantastico e meraviglioso dell’Otto e Novecento o i Racconti fantastici di Ugo Tarchetti,la poetica del Fanciullino. E ancora l’irriverenza di Palazzeschi, il genio di Tozzi, il tragico intellettuale di Michelstaedter. Come dimenticare Boine e Slataper nel biennio della magistrale, e la conseguente riformulazione della figura e del ruolo dell’artista. 

Piero Pieri è stato il TOP di gamma per il corso DAMS. E proprio durante le sue lezioni, la giovane Elisabetta coltivò saperi ed amicizie: c’era Andrea, detto John per via della sua smodata passione per John Lennon e i Beatles; c’era Silverio, per tutti Silvio appassionato dei Pink Floyd ma anche dei Matia Bazar. Con loro, Elisabetta aveva intessuto inizialmente una comunicazione alternativa che era fatta di bucce di mandarini lanciate durante il corso, bigliettini sotto banco e lunghe camminate per via Lame e Porta Mascarella.  

C’era Francesco, che amava il cinema, l’arte e le belle donne; c’era Enrico, il caro Enrico appassionato di musica, specie quella jazz e di derivazione popolare; c’era Valentina, la tarantina che studiava teatro, innamorata di Fabio Volo (lo sa bene Elisabetta che combinò un incontro a sorpresa fra i due alle Scuderie in Piazza Verdi); c’era Marisabel, la devota di Giorgio Gaber, amante della musica e del teatro e soprattutto fedele collega del corso di Teoria della musica.

A proposito di Teoria della musica, chi ha mai seguito quel corso? Il gruppo di Elisabetta si: Andrea, Silvio, Marisabel, Enrico se lo ricordano bene… E dove? Sempre al DAMS! Un esame che difficilmente si superava al primo colpo o che si decideva di sostenere per primo. Teoria della musica 1 e 2. Un corso istituzionale di armonia funzionale tra teoria e prassi analitica tenuto dal professore Mauro Mastropasqua. Ogni fondamento dell’armonia tonale era visto principalmente come sviluppo di una competenza analitica del testo musicale. In questa prospettiva il principale oggetto di studio per noi è stata la teoria funzionale dell’armonia di Hugo Riemann, gli archetipi armonici e melodici della tonalità, il carattere stereotipo delle strutture tonali indagato con l’ausilio di una metodologia mutuata dall’opera teorica di Leonard B. Meyer e dei suoi strumenti di concettualizzazione della percezione musicale. Sopra questi le analisi interminabili dei corali di Bach.

Sempre convinti che il DAMS sia fuffa? O un corso con un’offerta formativa a vocazione “defilippiana” (Amici di Maria, per intenderci)?

Tanti, tantissimi esami svolti, tanti tantissimi docenti e assistenti sono passati davanti agli occhi di Elisabetta.

Fra questi Claudio Marra, docente di Storia della fotografia. Pensate per seguire il suo corso (che comprendeva contemporaneamente più di 500 studenti la volta) è stato inevitabile dividere tutte queste anime in due aule e una parte di questi destinata a seguire in contemporanea la lezione video proiettata. E’ stato uno dei corsi più avvincenti e appassionanti del DAMS. Elisabetta ricorda ancora le notti in bianco per poter memorizzare le 300 foto in programma per il preesame orale. Si, ho detto preesame. E che dire della preparazione del progetto fotografico, un’esperienza unica: FACCIO IL DAMS …Con riferimento  ai motivi e alle passioni personali che hanno determinato la scelta del DAMS (l’arte, il cinema, il teatro, la musica). Non solo teoria dunque, ma soprattutto pratica. Precisione del montaggio (incollaggio, spianatura del supporto, linearità del taglio) sono stati oggetto di valutazione in sede di esame, insieme agli aspetti estetici e concettuali.

Sempre convinti che il DAMS non serva a niente?

Di notti insonni Elisabetta ne ha vissute tantissime.

Ad esempio per preparare l’esame di Organologia…

Orga che?

Naturalmente la materia che si occupa della storia e della struttura degli strumenti musicali, ma con un approccio antropologico al loro uso, funzione, alla loro costruzione. I testi di riferimento erano solo due ma parliamo delle opere più ampie ed importanti prodotte nel Novecento da due tra i più illustri organologi ed etnomusicologi del secolo: Curt Sachs e André Schaeffner. Durante l’esame veniva  illustrato con esempi concreti l’ordinamento sistematico degli strumenti musicali secondo la classificazione proposta da Erich von Hornbostel e Curt Sachs e comunemente adottata dagli studi organologici. Le lezioni tenute dal professore Nico Staiti davano ampio spazio alla descrizione dei risultati delle ricerche organologiche italiane. E spesso lo stesso docente portava in aula strumenti musicali di particolare interesse sul piano storico, etnografico e della loro collocazione sistematica.

Eugenia Casini Ropa,invece, vi dice qualcosa?

E’ stata la prima laureata DAMS e anche docente di Storia della danza e del mimo.

Dalle utopie ritmico/espressive individuali e comunitarie di inizio novecento fino alle esplorazioni identitarie autoriali dell’era della globalizzazione e della fusione etnico/culturale. Elisabetta durante quel corso scoprì che gente come David Bowie e Kate Bush aveva usufruito dell’arte del mimo per rinvigorire la propria azione performativa.

É impossibile descrivere 5 anni, (3+2) in modo meticoloso e citando tutti. Ma è altrettanto impossibile dire cosa sia realmente DAMS.

Perché fare il DAMS è più uno stato d’animo che seguire una facoltà universitaria. Fare il DAMS  significa sperimentare, significa scommettere con delle capacità  che sai di avere, ma che non hanno ancora preso forma e concretezza.

E soprattutto DAMS significa rispondere alla gente con un categorico: “DAMS non è DANZA” ma una vera scommessa per il domani. DAMS è un rischio che Elisabetta e tanti altri si sono presi consapevolmente dal primo giorno di frequentazione partendo dai corsi di Storia della musica, Antropologia Culturale,  Storia del Teatro, Teoria della Musica, Analisi del film e concludendo con tesi, a volte sperimentali come quella della laurea magistrale di Elisabetta dal titolo ambizioso “Le Ballet Mécanique: dal fotogramma alla struttura ritmico- musicale”

Elisabetta come Don Chisciotte? No direi piuttosto come William Wallace, oggi una musicologa  sempre pronta a difendere la libertà di scelta, e a ricordare il suo mondo di provenienza formativa come la più alta forma di libertà culturale.

 Viva il DAMS, viva i “damsiani” e coloro che credono ancora in questa splendida realtà.

Elisabetta Salatino

 

 

 

 

 

Informazioni su Elisabetta Salatino

Laurea triennale in DAMS indirizzo musica; Laurea Magistrale in discipline della Musica (Musicologia e Beni Culturali - LM 45)
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