L’ombra del maestro di Providence: Lovecraft e il cinema

“The oldest and strongest
emotion of mankind is fear,
and the oldest and strongest
 kind of fear
 is fear of the unknown”.
(H. P. L.)

É proprio in una piccola città, capitale dello stato del Rhode Island, la cattolicissima Providence, che il genio ha inizio. Siamo nel New England, sul finire del diciannovesimo secolo e ci troviamo di fronte a panorami e cittadine in cui le porte coloniali sormontate dalle lunette, le finestre a piccoli riquadri e le graziose torrette georgiane mantengono ancora in vita il fascino del diciassettesimo secolo, come egli stesso riporta in una propria missiva. 1

Qui, il venti agosto 1890 nasce H. P. Lovecraft, alle nove del mattino, al numero 454 (all’epoca 194) di Angel Street in Providence, Rhode Island. La madre, Sarah Susan Phillips Lovecraft poteva far risalire la propria ascendenza fino all’arrivo di George Phillips nel Massachussets nel 1630 (almeno secondo H.P.Lovecraft che, per tutta la propria esistenza, portò fieramente il cognome Phillips), il padre Winfield Scott Lovecraft era un viaggiatore di commercio, destinato ad una triste fine.

Vittima di un collasso nervoso, probabilmente conseguenza di una forma di sifilide, in un hotel di Chicago, dove si trovava per lavoro, fu ricoverato in una clinica per malati di mente quando H.P. aveva soltanto tre anni. Ne sarebbe uscito soltanto da morto, nel 1898. Il piccolo Howard fu cresciuto dalla madre, dalle due zie materne e dal nonno Whipple Van Buren Phillips, uomo d’affari di successo di Providence, per il quale lo scrittore nutrì sempre una grande ammirazione ed un grande affetto e che supplì, in un certo senso, all’assenza di una figura paterna.

Nonno Phillips fu probabilmente anche la persona che risvegliò in Lovecraft la passione per il racconto soprannaturale, intrattenendolo spesso con la lettura dei classici della narrativa gotica. Non sappiamo se questa fu anche la causa scatenante degli incubi che, per il resto della sua vita, ne avrebbero popolato i sogni. Del resto, fin da piccolo, H.P dimostrò una eccezionale precocità di ingegno ed una grande passione per la lettura.

Il suo primo amore fu per le storie de “Le mille e una notte” e per l’Iliade e l’Odissea che ebbe modo di leggere attraverso una edizione per bambini. Di salute cagionevole non poté frequentare regolarmente una scuola fino all’età di dodici anni, tuttavia studiava intensamente per proprio conto e si appassionò all’età di soli otto anni alla chimica ed all’astronomia, iniziando anche a produrre in proprio due pubblicazioni amatoriali: The scientific Gazette (1899-1907) e The Providence Evening News (1914-1918) che diffondeva nella propria cerchia di amicizie. Curiosamente, la sua prima pubblicazione fu proprio un articolo scientifico inviato nel 1906 al “The Providence Sunday Journal”.

La morte del nonno, nel 1904, creò enormi problemi economici a tutta la famiglia, costretta ad abbandonare la paterna casa vittoriana per trasferirsi in un quartiere minore della città. H.P.Lovecraft cadde in una forte depressione da cui lo salvò soltanto la passione per gli studi. Purtroppo, nel 1908, un collasso nervoso gli impedì di conseguire il diploma scolastico e, per questo, non fu ammesso alla Brown University, nonostante egli fosse, senza dubbio, uno dei più formidabili autodidatti della sua epoca. Lovecraft visse questa esperienza come una forte umiliazione di cui si sarebbe vergognato per tutta la vita. Gli sarebbero occorsi cinque anni, durante i quali visse praticamente come un eremita, senza più coltivare la sua passione per lo studio e la letteratura, per riprendersi completamente.

Il ritorno alla scrittura avvenne in modo casuale, dopo aver letto un racconto di un certo Fred Jackson pubblicato su di un “pulp” magazine, H.P. fu talmente indignato dalla scarsa qualità della trama da scrivere una lunga lettera di protesta, in versi alla rivista. La lettera fu ovviamente pubblicata, era il 1913, e diede il via ad lunga polemica tra sostenitori e detrattori di Jackson. A seguito di questo fatto, H.P. Lovecraft fu invitato a far parte della UAPA (United Amateur Press Association).

Howard Phillips Lovecraft nel 1934.

L’apprezzamento che ricevette presentando agli altri membri i racconti “La bestia nella cava” e “L’alchimista”, che aveva scritto rispettivamente nel 1905 e nel 1908, fu tale a da spingerlo, nuovamente, a scrivere. Nel giro di pochi anni scrisse racconti come “Dagon” e “The Tomb”, nonché una quantità impressionante di lettere destinate ad amici e colleghi della UAPA (United Amateur Press Association).

L’intero epistolario di H.P.Lovecraft è un’opera di tale mole ed interesse da far sì che non siano pochi quelli che la ritengono l’opera maggiore dello scrittore e, certamente, uno degli epistolari più interessanti del secolo. La madre di Lovecraft fu ricoverata nel 1919 nel Butler Hospital a seguito di un collasso nervoso, due anni dopo sarebbe morta a seguito di un’operazione malriuscita. L’impatto sullo scrittore fu tremendo, e lo spinse, in cerca di conforto, ad abbandonare la tradizionale vocazione all’eremitaggio. Nel 1921, durante un convegno per giornalisti dilettanti a Boston incontrò Sonia Haft Greene, un’ebrea russa di sette anni più vecchia di lui, che ne aveva 31 e se ne innamorò.

Con lei visse a Brooklyn per qualche tempo ed, infine, i due si sposarono nel 1924. Tutto, all’inizio, sembrò funzionare perfettamente. Sonia aveva un negozio di cappelli alla moda sulla Quinta Strada, Lovecraft cominciava a farsi un nome nel mondo degli scrittori professionisti ed alcune delle sue storie apparvero sulla neonata Weird Tales. Purtroppo, ben presto, le cose cambiarono, Lovecraft rinunciò alla pubblicazione di una antologia per non trasferirsi a Boston, il negozio di Sarah fallì ed ella stessa dovette restare in ospedale per diversi mesi.

Ormai ridotti sul lastrico, i due dovettero separarsi quando Sarah accettò un lavoro a Cleveland e Howard rimase a New York. Nonostante le molte amicizie newyorkesi, Lovecraft ricadde nella depressione e ricominciò ad isolarsi sviluppando anche una crescente avversione misantropica ed a tratti xenofobica per le masse di immigrati stranieri che affluivano in città. I racconti scritti in questo periodo, “He” e “The horror at Red Hook”, riflettono chiaramente i sentimenti dell’autore.

Nel 1924 decise di rientrare a Providence, città che gli mancava moltissimo e di stabilirsi con le vecchie zie che si rifiutarono sempre di incontrare Sarah. Del resto la coppia era andata sempre più allontanandosi ed il divorzio del 1929 fu soltanto la pacifica conclusione di un rapporto ormai estinto. Gli ultimi dieci anni della sua vita furono certamente i più prolifici.

Continuò a gestire l’impressionante mole di corrispondenza con gli amici e colleghi sparsi per tutti gli stati uniti, visitò numerosi siti archeologici delle vicinanze (Quebec, New England, Philadelphia) e trovò anche il tempo di scrivere alcuni dei suoi indiscussi capolavori, da “The Call of Chtulu” (1926) a “At the Mountain of Madness” (1931). Purtroppo, l’ultima parte della sua vita doveva rivelarsi meno serena del previsto. Nel 1932 l’adorata zia, Mrs. Clark, morì e H.P.Lovecraft dovette trasferirsi nuovamente.

Anche i soldi scarseggiavano, dato che le ultime storie, più lunghe e complesse, erano molto più difficili da vendere e per sopravvivere doveva dedicarsi a revisioni ed all’attività di ghost writer. Nel 1936, quando rimase sconvolto dalla notizia del suicidio dell’amico fraterno Robert H. Howard (il creatore di Conan il Barbaro), il cancro all’intestino che doveva ucciderlo era già ad uno stadio avanzato, tuttavia lo scrittore rifiutò di farsi ricoverare sino al 10 marzo 1937. Sarebbe morto cinque giorni più tardi, entrando nella storia della letteratura Americana senza avere mai pubblicato un solo libro 2 .

Conosciuto oggi come il più grande esponente del weird e della letteratura horror e gotica del mondo, il maestro di Providence, conoscerà la fama e il successo solo dopo la morte. Autore dal gusto per la prosa ben modellata e piacevole in sé stessa e dallo stile più che ricercato riesce con non poca veridicità a tradurre in parole gli orrori indescrivibili che continuamente gli guizzano nella mente, a partire da quegli strani “Magri Notturni”, che in tenera età e in particolare dopo la morte dell’amato nonno materno, fanno capolino nei suoi incubi 3.

Tra i tanti meriti che oggi gli si attribuiscono, vi è quello di aver fatto conoscere al mondo intero che cosa si prova di fronte all’attanagliante terrore di proporzioni cosmiche per l’ignoto o all’orrore dissimulato sotto fattezze umane. Tuttavia un ragazzino costretto, alle soglie dell’adolescenza e per motivi di salute cagionevole, a rimanere recluso nella casa dei nonni materni nella seppur amata Providence senza poter frequentare alcun tipo di scuola o percorso formativo fuori dalle mura domestiche e dovendo subire l’attaccamento morboso, quasi sadico, della madre, non poteva che sviluppare una più che fervida immaginazione.

Il dio esterno dell’universo lovecraftiano Azathoth, appartenente al Ciclo di Cthulhu

La si intravede già dai primissimi racconti scritti in età poco più che matura per culminare con l’invenzione di un vero e proprio Pantheon Lovecraftiano che annovera al suo interno le più disparate creature emerse dagli abissi della fantasia dell’autore. Alcuni degli avatar letterari inventati e minuziosamente descritti da Lovecraft appartengono oggi di diritto all’inestimabile patrimonio dell’horror gotico mondiale, tra i più famosi possiamo ricordare i Grandi Antichi esponenti di un culto millenario e antichissimo, dalle fattezze aliene e di forma e potenza straordinaria provenienti da remote stelle o altri pianeti che seguirono in questo viaggio il loro Gran Sacerdote Chtulu milioni di anni or sono.

Quest’ultimo, acclamato dai cultisti di tutto il mondo come una delle più grandi invenzioni del mondo horror fantasy e che diede l’avvio al filone dei “Ciclo di Chtulu” viene descritto in “Le montagne della follia” come un “essere alto svariati chilometri dall’aspetto che è la tragica somma dei tratti di un drago, una piovra e una figura umanoide, dall’odore terrificante e dagli sconfinati poteri magici” 4

A questa categoria di dei si aggiunge quella di outer gods ovvero divinità esterne, tra le quali ricordiamo esseri come Azatoth “il ribollente caos nucleare privo di intelletto che si dimena al centro dell’universo”, Shub-Niggurat il cui curioso epiteto è “il capro nero dei boschi dai mille cuccioli”, ma anche Yoh-Sothoth, Nyarlathotep e tanti altri. Questi outer gods si distinguono dai primi poiché trascendono dalla realtà materiale in cui noi viviamo e provengono probabilmente da mondi o universi differenti dal nostro. Tuttavia ciò che invece li accomuna è il singolare potere di entrare nei sogni degli uomini, per reperire informazioni circa la realtà circostante, inviare diabolici messaggi della loro oscura presenza e, se i contatti onirici dovessero avvenire con troppa frequenza e intensità, anche condurre alla follia 5 .

La copertina di Weird Tales del marzo 1942, dove uscì Herbert West rianimatore

Come si può di certo notare da queste poche e sparute annotazioni circa la vasta gamma di esseri extra-umani o dei dall’aspetto mutevole e orripilante, la fantasia del solitario di Providence risulta essere più che prolifica. Ritroviamo però temi ricorrenti che si riallacciano a quel filone tanto amato dall’autore che in parte va ricondotto alle sue prime letture, da sempre Lovecraft si dice vicino al mondo romano, ai grandi classici come Iliade ed Odissea, al capolavoro indiscusso Le mille e una notte e, di fatto, questa visione arcaicizzante e lontana nel tempo non lo abbandonerà mai.

Vale la pena di citare dunque un’altra delle sue creazioni tra le più famose e peculiari: il Necronomicon in arabo Al Azif. Descritto dagli esperti, ma anche dalla stessa Wikipedia, come uno pseudobiblium ovvero un libro mai scritto, ma citato come se fosse realmente esistente. Sarebbe un testo di magia nera redatto dal famoso arabo pazzo Abdul Alhazred vissuto nello Yemen nell’ottavo secolo e morto in circostanze misteriose. Il nome Alhazred sarebbe un raffinato gioco di parole costruito sul significato nascosto dell’inglese “all has read”, ovvero “tutto egli ha letto” 6

Si dice che chi abbia la sfortuna di imbattersi nel libro e lo legga diventi pazzo come lo stesso Alhazred. Anche l’invenzione del testo che racchiude i misteri del culto di Chtulu raggiunse il culmine della fama solo tanti anni dopo la morte dell’autore. Dunque, tra i cultori del weird e del mondo fantascientifico esistono due scuole di pensiero, chi crede che il testo sia realmente esistito e che non sia solo una pura e semplice invenzione dell’autore e chi crede invece che il merito sia tutto da attribuire a Lovecraft. Personalmente propendo più per la seconda ipotesi, anche se ancora oggi non mancano gli appassionati e i fanta-fanatici del culto, che continuano a condurre ricerche per trovare il manoscritto originale, ovunque esso sia ed ammesso che esista realmente.

Negli ultimi decenni si è assistito ad un vero e proprio revival dell’autore e delle sue mostruose creazioni, come Chtulu, per cui la stessa Mondadori ha ideato una vera e propria antologia di racconti legati agli orrori cosmici della fantasia lovecraftiana dal titolo “I Miti di Chtulu”. Sicuramente Lovecraft, in vita, non avrebbe mai pensato di poter arrivare ad un numero così imponente di appassionati del genere, né tantomeno di riscuotere un così grande plauso, considerando che all’epoca soltanto una piccola rivista di nicchia, Weird Tales, si offrì di pubblicare qualche suo racconto.

Tra i tanti seguaci del Maestro di Providence troviamo anche registi e attori affermati, l’ondata di popolarità non si ferma e investe di concerto anche il mondo del cinema. In tantissimi hanno provato a riprodurre l’inconoscibile terrore lovecraftiano sul grande schermo, alcuni con discreti risultati, altri un po’ meno. Del resto, l’orrore che viene ispirato dai racconti è un orrore suggerito e probabilmente mai nessuna fotografia o effetto speciale potrà mai superare quel brivido lungo la schiena dato dai toni, dalle atmosfere cupe e dalle distopiche realtà fatte di geometrie non euclidee che solo H. P. L.  sapeva sapientemente evocare facendocene subodorare la presenza come se scaturisse fuori direttamente dal racconto.

É recentissima la notizia che il premio Oscar Guillermo del Toro non abbia ancora abbandonato il sogno di girare un film ispirato al racconto “Alle montagne della follia” in cui sarebbe Tom Cruise ad indossare le vesti del protagonista. Risale invece al dicembre dello scorso anno la notizia dell’arrivo del Biophic orror ideato sulla vita di H. P. L., da quanto si evince, la Warner Bros avrebbe ingaggiato D. Beinoff e D. B. Weiss per portare avanti questo singolare progetto che dovrebbe raccontare una possibile realtà con i mostri da lui inventati.

Quando si parla di Lovecraft e di cinema, non si può che citare uno dei registi che in maniera incontrovertibile, con l’ultimo dei suoi film, è riuscito quasi perfettamente ad adattare Lovecraft allo schermo, il sudafricano Richard Stanley. Il film, dal titolo tratto da uno dei racconti di H. P. L. “The Colour out of space”, risulta essere una delle trasposizioni più fedeli e visionarie nella storia del fanta-horror ispirato allo scrittore.

Fedele al racconto sin dai primissimi minuti il film mostra lo schianto di un meteorite che provoca bizzarri cambiamenti nell’ambiente circostante e negli abitanti del luogo. Cast d’eccellenza composto da Nicolas Cage, Joely Richardson, Madeleine Arthur e Brendan Meyer. Sull’onda della fedele trasposizione cinematografica, anche Elijah Wood e Daniel Noah vorrebbero realizzare un film basato sul racconto “L’orrore di Dunwich”, affermando che, per loro, rimanere fedeli al materiale originario è fondamentale.

Da alcune dichiarazioni trapela anche il progetto di E. Wood di impostare una vera e propria trilogia sull’autore, probabilmente sotto la guida e direzione di R. Stanley. Di seguito, un elenco in ordine cronologico, riuscirà a farci comprendere meglio il panorama del cinema dedicato al Maestro di Providence. In tanti, tantissimi, si sono cimentati nell’arduo compito di restituire fedelmente l’orrore di ciò che non si conosce, dalla carta allo schermo, anche in tempi in cui gli effetti speciali risultavano essere grezzi e mediocri, a partire più o meno dagli anni ’60. Si trovano adattamenti e riadattamenti di tutti i tipi e generi, muto, muto in bianco e nero, sonoro in bianco e nero, sonoro e a colori, tuttavia il fil rouge che accompagna un po’ tutte le trame è l’intraducibilità, di cui sopra, dell’insidiante terrore che attanaglia i sensi.

1963 – The Haunted Palace (La città dei mostri) Regia di Roger Corman, probabilmente uno dei primissimi, se non proprio il primo film, tratto da uno dei racconti di Lovecraft “Il caso di Charles Dexter Ward”. Elementi lovecraftiani quali oscure presenze e divinità ancestrali sono presenti, tuttavia ciò che non convince è l’attaccamento da parte del regista e, probabilmente su spinta della casa cinematografica, a mantenere per forza aneddoti che si rifanno ad E. A. Poe. Dal momento che il titolo originale del film era “Il palazzo stregato”, titolo di una poesia del sopracitato autore.

1980 – The music of Erich Zann (La musica di Erich Zann) Al film di John Strysic va il plauso di essere riuscito non solo a riportare fedelmente il racconto dalla carta allo schermo, ma anche di aver fatto parte delle pellicole inaugurali del H. P. Lovecraft Film Festival. Dalle tinte fosche descrive mondi onirici capaci di aprire porte verso altri universi.

1981 – Possession (Possession) Di Andrea Zulawski, non è un film facile da comprendere, né tantomeno da riassumere in pochissime righe. Carica di ansia, la trama si dipana in un viaggio angosciante in cui tutto viene messo in crisi, perfino le dinamiche sociali. In una parola: vedetelo.

1985 – H. P. Lovecraft’s Re-Animator (Re-Animator) In classico stile horror anni ’80, il film di Stuart Gordon, è un misto tra il caotico e il black humour. Anche se un po’ lontano dall’ambientazione che ne propone Lovecraft, il film è invece ambientato nell’era moderna, dove due giovani studenti alle prese con provette e varie cavie, mettono a punto terrificanti esperimenti per riuscire a riprodurre la vita dopo la morte con risultati catastrofici.

1986 – From Beyond (Terrore dall’ignoto) A distanza di un anno S. Gordon mette a punto un altro dei suoi film in pieno stile lovecraftiano. Di certo non gli si può rimproverare la costanza o anche semplicemente il fatto di volerci provare ancora, enorme prova della sua grande passione. Horror e splatter anni ’80 e anche abbastanza lontano dall’ambientazione originale, rimane però fedele nello svolgersi della trama. Sebbene quando uscì non ricevette pareri favorevoli da parte del pubblico più accanito, i riferimenti alle dimensioni parallele e alla possibilità di aprire porte verso altri mondi non mancano.

1988 – The Spider Labyrinth (Il nido del ragno) Uno dei pochi film italiani del genere, diretto da Gianfranco Giagni. Segni distintivi: giallo all’italiana e atmosfere gotiche a tinte fosche. Insolito, come viene definito in molte recensioni, messo a confronto con altre pellicole horror di quegli anni. Probabilmente ricalca solo alcune delle ombre lovecraftiane e forse anche involontariamente. Punto di forza: l’ambientazione, a Budapest, estremamente suggestiva e cupa.

1991 – The Resurrected (The Resurrected) Con Dan ‘O Bannon assistiamo al secondo arrangiamento cinematografico del racconto Il caso di Charles Dexter Ward. Dallo scrittore di Alien non potevamo che aspettarci un certo grado di fedeltà al racconto originale. Inconfondibilmente noir, il film ci fa sprofondare in una dimensione di tensione, paura, mistero, orrore e un tocco di splatter.

1991 – Omicidi e incantesimi (Cast a Deadly Spell) Fred Ward, Julian Moore, David Warner e Clancy Brown, questo il cast, scritto da Joseph Dougherty e diretto da Martin Campbell. Mescola indagini hard boiled e personaggi fantastici, ambientato nella Los Angeles degli anni ’50 dove tecnologia e magia si intrecciano in un delicatissimo equilibrio che porterà il detective privato Philip Lovecraft a condurre delle indagini su di un misterioso libro chiamato Necronomicon.

1993 – Dark Waters (Dark Waters) Lungometraggio di Mariano Baino, è stato il primo film occidentale girato in Ucraina dopo il crollo dell’Unione Sovietica. Considerato, ad oggi, l’ultimo ruggito horror italiano dell’ormai scorso secolo. Ambientato interamente in territorio russo, dunque suggestivo già di per sé, si avvale di un’incredibile atmosfera dai toni pagani e gotici. Dipanandosi in visioni squisitamente lovecraftiane e orrorifiche, probabilmente una delle migliori rappresentazioni dell’autore di sempre.

1994 – Il seme della follia (In the Mouth of Madness) Il film di John Carpenter si dispiega attraverso un gioco mentale malato, che porta ad un certo punto lo spettatore a dubitare anche della propria salute mentale, senza bluff. Non si ispira a nessun racconto in particolare, ma riprende in modo vago un po’ tutta la mitologia lovecraftiana. Contestualizzandolo si potrebbe tranquillamente affermare che il film appartiene alla seconda ondata di revisione del cinema horror degli anni ’90. Super consigliato.

2011 – Dagon – La mutazione del male (Dagon) Nonostante il titolo potrebbe far pensare al brevissimo racconto, poco meno di due pagine, in realtà il film è più che altro ispirato a La Maschera di Innsmouth, altro celebre racconto ispirato a Dagon. Alquanto criticato per la sceneggiatura poco aderente in corso di svolgimento, sul finale risulta invece rovesciare la prevedibilità dell’epilogo. Gordon riesce a tratteggiare alcuni personaggi interessanti, abbozzando però senza troppa profondità quella del protagonista e della sua donna.

2005 – The Call of Chtulu (The Call of Chtulu) Per ovviare alla difficoltosa incombenza di dover realizzare una sceneggiatura basata sul culto di una mostruosa divinità che risiede in un luogo non appartenente a questo mondo e che risponde ad una geometria non euclidea, Andrew Leman nel 2005, decide di optare per un corto in bianco e nero e per di più muto. Sicuramente una scelta che si rivelerà più che originale. Con lo sguardo rivolto agli anni venti del secolo scorso quello che colpisce di più è il sorprendente aspetto visivo. Ne viene fuori qualcosa di inclassificabile, lontano anni luce dal panorama horror del ventunesimo secolo.

2008 – AM1200 (AM1200) Il film nel 2008 vince l’H. P. Lovecraft Film Festival, è basato su una storia vera, peraltro accaduta allo stesso David Prior. Era notte fonda, Prior era di ritorno verso casa e mancavano ancora alcune ore di viaggio. Per evitare un colpo di sonno inizia a smanettare con la radio, fin quando non trova proprio la frequenza dalla quale prende il titolo il film, AM1200. Più che un programma radiofonico sembra una bizzarra richiesta di aiuto, poi non si capisce più niente. Poco più avanti Prior scorge una stazione radio, proprio quella dalla quale proveniva il mayday, nella realtà lui fa dietrofront, mentre nel film la storia continua…

2010 – Die Farbe (The Colour Out of Space) Huan Vu, regista tedesco figlio di profughi vietnamiti, realizza un’assurda interpretazione del racconto The Colour out of Space. In questo medio metraggio mistery thriller sono molte le buone idee, stimolate anche dalla mancanza di budget per la realizzazione. Girato tra primavera ed estate del 2008 in varie località della foresta svevo-francone, in Germania. Il film cerca di restituire le atmosfere letterarie basandosi più sull’evocazione di quel particolare terrore suggerito e sulla suspense che su altro.

2012 – Grabbers – Hangover Finale (Grabbers) Diretto da John Wright e sceneggiato da Kevin Lehane. Un po’ Alien e un po’ Alba dei morti viventi si scopre l’immensa utilità dell’alcool etilico per distruggere questi verdi mostri squamosi che infestano una delle piccole comunità isolate al largo delle coste di Erin Island. Alquanto ironico, per essere un film horror, vivace e spumeggiante propone un decalogo di mostri bizzarri con tentacoli tipicamente lovecraftiani, squame, becchi e zanne che seminano morti variopinte e della miglior tradizione splatter.

2015 – Southbound – Autostrada per l’inferno (Southbound) Classiche inquadrature squadrate e schematiche ritraggono due tizi che si aggirano a bordo di un furgoncino per zone desertiche e strade desolate in cerca di un’area di sosta, perseguitati però da alcuni esseri fluttuanti che sembrano seguirli ovunque. Il tema centrale è il senso di colpa, che attanaglia i due protagonisti e gli spettatori fino alla fine. Diretto da: Radio Silence, Rozanne Benjamin, David Bruckner e Patrick Horvath.

2016 – The Void – Il Vuoto (The Void) Definito dai più come un esplicito omaggio al cinema di John Carpenter, Lucio Fulci, George Romero e altri, il film del duo composto da Jeremy Gillespie e Stevem Kostanski, ripropone l’orrore cosmico come fulcro di tutto. Uno degli horror più discussi degli ultimi tempi.

2017 – The Endless (The Endless) “Friends tell each other how they feel with relative frequency. Sibling s wait for a more convenient time… like their deathbeds” (Gli amici si raccontano come si sentono con relativa frequenza. I fratelli aspettano un momento più conveniente … come i loro letti di morte). Modestissima opinione personale, uno dei più bei film realizzati sulle orme del solitario di Providence. Realizzato da due giovani registi-scenografi-produttori Justin Benson e Aaron Moorhead. In breve la storia segue i fratelli Justin e Aaron, ragazzi normalissimi che vivono alle prese con i problemi di tutti i giorni. Salvo il fatto che da ragazzini appartenevano a Camp Arcadia, una comunità dedita al culto degli Ufo. Justin, il maggiore, se n’era tirato fuori portandosi il fratello perché convinto che quello fosse un culto della morte e, prima o poi, sarebbe arrivato il momento del suicidio di massa rituale. Invece Aaron ricorda la comunità di Camp Arcadia pacifica, amichevole e innocua. Nonostante siano passati dieci anni e trovandosi entrambi alle prese con una crisi che colpisce da vicino le loro vite, Aaron convince il fratello a tornare a Camp Arcadia per un giorno. Ecco, questo è tutto ciò che c’è da dire su The Endless 7 .

Gaia Materazzo

 

GLOSSARIO COMPLETO DEL PANTHEON LOVECRAFTIANO 8 (in ordine alfabetico)

  • Abitatori del profondo
  • Antichi
  • Azathoth “il ribollente caos nucleare privo di intelletto che si dimena al centro dell’universo”
  • Bhole
  • Bokrug
  • Brown jenkin
  • Buopoth 
  • Byakhee
  • Colore venuto dallo spazio
  • Chtulu Fhtang Ph’nglui mglw’nafh Cthulhu R’lyeh wgah’nagl fhtagn trad. “Nella sua dimora, il morto Cthulhu of R’lyeh attende sognando”
  • Chtuli “prole stellare venuta da Chtulu”
  • Dagon
  • Dio di yekub
  • Erranti dimensionali
  • Esseri dai piedi palmati (WAMP)
  • Esseri rospo
  • Ghast
  • Ghatanothoa
  • Ghoul
  • Gloon
  • Gnophkeh
  • Gnorri
  • Grande razza
  • Il grande sacerdote che non bisogna descrivere
  • Gug
  • Gyaa-yothn
  • Hastur
  • Hypnos
  • Idra
  • L’innominabile
  • Magri notturni
  • Miri nigri
  • Nath-Horthath
  • Nodens
  • Nug e Yeb
  • Nyarlathotep “il Caos strisciante”
  • Polipi volanti
  • Prole informe
  • Rhan-tegoth
  • S’ngac
  • Shantak
  • Shoggoth
  • Shub-niggurath “il capro nero dei boschi dai mille cuccioli”
  • Thuum’ha
  • Tsatthoggua
  • Tulzscha
  • Uomini serpente
  • ‘umr at-tawil
  • Voonith
  • Yig
  • Yog-sothoth
  • Zo-kalar, lobon e tamash
  • Zoog

BIBLIOGRAFIA

 “Annotazioni su un uomo inutile”, Novembre, 1934

  1. P. Lovecraft, “La tomba e altri racconti dell’incubo” a cura di G. Pilo e S. Fusco, Newton Compton, Roma, 2012
  2. P. Lovecraft, “Le montagne della follia”, ed. or. 1936, traduzione di G. Pilo, Collana Labirinti, Newton & Compton, 2003

“Il bestiario di Lovecraft”, A. Romaniello, Delos Digital, Milano, 2020

 

SITOGRAFIA

 http://www.progettobabele.it/Consiglilettura/hplovecraft.php

https://www.ilariogobbi.it/antichi-lovecraft-grandi-antichi/ 

https://oubliettemagazine.com/2017/02/04/necronomicon-di-howard-phillips-lovecraft-chi-lo-legge-e-perduto/

https://www.giornalepop.it/20-migliori-film-su-opere-di-lovecraft/?fbclid=IwAR3jobOd7wVI_IUguGg3zilNoHZAbNm5UcqhwurSqC82_0YGY93KYFEFQjE


Immagini:
http://it.wikipedia.org/.

 

 

 

 

Notes:

  1. “Annotazioni su un uomo inutile”, Novembre, 1934
  2. http://www.progettobabele.it/Consiglilettura/hplovecraft.php (consultato in data 11/07/2020)
  3. P. Lovecraft, “La tomba e altri racconti dell’incubo” a cura di G. Pilo e S. Fusco, Newton Compton, Roma, 2012
  4. P. Lovecraft, “Le montagne della follia”, ed. or. 1936, traduzione di G. Pilo, Collana Labirinti, Newton & Compton, 2003
  5. https://www.ilariogobbi.it/antichi-lovecraft-grandi-antichi/ (consultato in data 13/07/2020)
  6. https://oubliettemagazine.com/2017/02/04/necronomicon-di-howard-phillips-lovecraft-chi-lo-legge-e-perduto/ (consultato in data 13/07/2020)
  7. https://www.giornalepop.it/20-migliori-film-su-opere-di-lovecraft/?fbclid=IwAR3jobOd7wVI_IUguGg3zilNoHZAbNm5UcqhwurSqC82_0YGY93KYFEFQjE (consultato in data 17/07/2020)
  8. “Il bestiario di Lovecraft”, A. Romaniello, Delos Digital, Milano, 2020

Informazioni su Gaia Materazzo

Nata a Lamezia Terme e cresciuta in Calabria, vive ormai da diversi anni in Sicilia, a Palermo. Laureatasi nel 2017 con una tesi in etnomusicologia presso l'Università della Calabria nel 2018 partecipa come relatrice nel convegno 'Gli strumenti, i generi e le tecniche della musica tradizionale calabrese' svoltosi presso lo stesso Ateneo calabrese. Collabora a vario titolo col Museo delle Arti e dei Mestieri (MAM) di Cosenza, prima come tirocinante e poi partecipando alla pubblicazione di un catalogo in merito alla mostra "Il sacro nel Privato" (2015). Prosegue la sua carriera universitaria presso l'Ateneo degli studi di Palermo svolgendo tirocini presso la rinomata Fondazione Buttitta, come archivista e catalogatrice e laureandosi nella Specialistica di Studi Storici Antropologici e Geografici con il massimo dei voti.
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