Dal fonografo a WhatsApp

Area tematica: Filosofie della comunicazione

Abstract – This is an analysis of some forms of voice communication, considering the real-time of telephone communication and the deferred time of a voice note. This, to focus on the change from a telephone conversation to recorded dialogue. If in everyday life we feel more and more freed by the wire of the telephone and we prefer another kind of message, the choice of the voice note is vehicled by its simple communication form. It is so immediate that it can be considered in continuity with the original intuition of Thomas Edison. Far from a celebration, this paper is about Whatsapp for two reasons: from one side because there is a continuous fruition relationship from the author as a user; from the other side, the success of an app that can remedy some principles of phonography. What is not in this contribution is a consideration of the market that rules our role of sender and receiver in voice notes and other considerations about the development of electronic voices, most of them females, used as an assistant: nowadays switchboard operators. We will refer to the production and reproducibility of voice notes on smartphones only. That is because our work is about telephone meant as a portable and wireless device. Following the research that Benjamin exposes in its essay written in 1936 about photography, cinema, and sound, here is an attempt to clarify our different attitude in using the voice and the phone. This, proving that it varies during a phone call or a voice note performance.

Keywords: fonografia, Walter Benjamin, Marshall McLuhan, WhatsApp


1. Introduzione

Il contributo propone una analisi di alcune forme della comunicazione vocale, se nel tempo reale della telefonata o nella differita di una nota vocale, per rilevare il passaggio di stato dalla conversazione telefonica al dialogo registrato. Se nella vita di tutti i giorni ci siamo crescentemente affrancati dal filo diretto preferendogli una certa messaggistica, la scelta di indugiare sulla nota vocale è determinata dalla estrema semplicità con la quale abbiamo familiarizzato con questa forma di comunicazione, la cui immediatezza riscatterebbe l’originaria intuizione di Thomas Edison.

Lontani da oneri celebrativi, il nostro interesse si rivolge primariamente a Whatsapp per due semplici motivazioni: da un lato un continuato rapporto di fruizione da parte dell’autore come utente 1, dall’altro il successo di una applicazione disponibile a rimediare alcuni principi della fonografia. Esula dal presente contributo una considerazione del mercato piuttosto importante che regola il nostro ruolo di mittenti o destinatari in riferimento all’esercizio di una nota vocale 2così come una ricognizione dello sviluppo delle voci digitali in qualità di assistenti, solitamente femminili, vere e proprie centraliniste d’altri tempi 3.

Ci riferiremo esclusivamente alla produzione e riproduzione di note vocali da smartphone, in quanto il nostro confronto si riferisce alla telefonia nella condizione di un oggetto a misura di mano, dunque handy, e per giunta senza fili. Nel solco di quelle modifiche della sensibilità e della percezione intraviste nel saggio benjaminiano del 1936 in relazione alla fotografia e al cinema, e marginalmente anche al sonoro, proveremo a tratteggiare quella differenza che condiziona il nostro modo di usare la voce e il telefono, se conversiamo nel corso di una telefonata o performiamo nel corso di una nota vocale. Per fare questo dovremo indicare un movimento di andata e ritorno tra fonografia e telefonia in virtù della costante rimediazione 4 che caratterizza storicamente le tecnologie.

 

2. In principio era la fonografia

Il desiderio di registrare il suono trovò in Edison il suo anticipatore nella forma del fonografo. Nelle intenzioni del suo inventore questo strumento avrebbe assolto una funzione da memo vocale, una sorta di segreteria cui depositare le cose da ricordare 5.

Lontani dalla corposa e sempre in aggiornamento bibliografia di riferimento 6, in questo contributo preferiamo riferirci a diverse rappresentazioni audiovisive di questa formula, come il film del 1994 I Flinstones di Brian Levant a partire dalla figura chiave del dittavolo, uccello/dittafono che, ai fini narrativi, ricorda tutto il da dimenticare per Rocco Detritis, cattivone della faccenda impersonato da Kyle MacLachlan. Lo stesso attore avrebbe proposto alcuni anni prima un certo impiego del dispositivo fonografico nella sua vita a Twin Peaks, al centro dell’esperienza seriale lynchana, invocando più volte la presenza di Diane. La resa più vicina alla formula ricercata da Edison è suggerita piuttosto dall’impiego che ne fa Donald Draper, il creativo della serie Mad Men, lasciando poi a Peggy Olson l’onere della trascrizione. Questi tre, diversi riferimenti elaborano una costellazione di motivi a vantaggio dell’ipotesi originaria, in cui una registrazione, come avviene quotidianamente nei messaggi vocali, produce determinati rapporti di valore nell’interazione tra strumento e utente, essenzialmente limitati ad un messaggio di natura verbale. Proprio il 17 luglio 1877 Edison si rese conto che una puntina, se fatta girare su un disco ad una determinata velocità, emetteva vibrazioni che ricordavano il timbro della voce umana; una volta esplorata con successo la possibilità di registrare la voce, Edison avrebbe posizionato senza troppa difficoltà la macchina in ufficio: la vedeva già in confidenza con impiegati – non è un mistero infatti volesse sviluppare il mercato del fonografo attorno all’esercizio della dettatura.

 

2.1 Tra producibilità tecnica e strumenti del comunicare

In questa sotto-paragrafo faremo riferimento ad alcuni passaggi dei testi più celebri di Walter Benjamin e Marshall McLuhan, così da avere altri elementi che ci permettono di marcare più leggermente la linea di confine che separa il caso della nota vocale dalle altre forme di messaggistica istantanea con cui siamo soliti confrontarci a più riprese.

Questo contributo non è stato scritto avvalendosi della ricerca sociale a mezzo statistico, eppure sarebbe possibile affermare che la scelta della nota vocale si accorda alla comodità che la stessa permetterebbe in funzione del distaccamento del messaggio tanto dalla forma testuale quanto da una presenza telefonica mediata dall’ascolto reciproco.

Come la fotografia ha sgravato la mano dall’onere della rappresentazione affidando maggiori carichi di responsabilità all’azione dell’occhio 7, così la nota vocale ci sgrava dalla ricerca delle parole da posizionare in una casella di testo, facendo leva sulla singolare possibilità di dare colorito alle stesse parole attraverso il tono della voce 8. Questo potrebbe giustificare una prima differenza in relazione all’esercizio della scrittura. Sempre facendo ricorso al testo benjaminiano proviamo ora indicarne le differenze con la telefonata. Una prima differenza è riferibile ai tempi della risposta: richiesti dalla telefonata, previsti dalla nota vocale. A partire semplicemente da questo dettaglio, è evidente come la condizione di riproduzione giochi un certo valore per la nota vocale: può essere ascoltata, può essere riascoltata, può essere archiviata; la telefonata sembra non permettere altrettanta flessibilità costringendo gli interlocutori al commiato nell’arco di una conversazione.

Senza chiamare in causa il concetto di aura, è possibile riferire dunque alla condizione di riproducibilità della nota vocale una certa capacità di andare egualmente incontro alle masse, a partire dalla loro fugacità e ripetibilità. 9Questo potrebbe giustificare una prima differenza in relazione all’esercizio della scrittura. Sempre facendo ricorso al testo benjaminiano proviamo ora indicarne le differenze con la telefonata. Una prima differenza è riferibile ai tempi della risposta: richiesti dalla telefonata, previsti dalla nota vocale. A partire semplicemente da questo dettaglio, è evidente come la condizione di riproduzione giochi un certo valore per la nota vocale: può essere ascoltata, può essere riascoltata, può essere archiviata; la telefonata sembra non permettere altrettanta flessibilità costringendo gli interlocutori al commiato nell’arco di una conversazione.
Senza chiamare in causa il concetto di aura, è possibile riferire dunque alla condizione di riproducibilità della nota vocale una certa capacità di andare egualmente incontro alle masse, a partire dalla loro fugacità e ripetibilità. 9 Nel nostro caso non possiamo affrontare altresì dispute in riferimento al valore espositivo men che al valore cultuale della nota vocale; possiamo piuttosto trovare conforto in altre pagine del testo benjaminano, quelle dedicate al cinema in quanto prestazione di fronte all’apparecchiatura: se la diagnosi di Pirandello sui rapporti tra l’operatore Serafino Gubbio e la macchina da presa 10 si risolve nell’afasia, secondo Benjamin la più importante tra le funzioni sociali del cinema è quella di creare l’equilibrio tra l’uomo e l’apparecchiatura: con questa proposizione apre infatti il XVI paragrafo del saggio sulla riproducibilità tecnica, prima di avviarsi alla definizione dell’inconscio ottico. Si può parlare di relativo training alla nota vocale ogni volta che il mittente la riascolta per decidere della sua adeguatezza. 11 Il nostro caso, dedicato alla nota vocale, richiama ben altri orizzonti e ci riavvicina alla dimensione cosciente della mediazione con l’apparecchiatura; è opportuno segnalare come, in aperta continuità col cinema sonoro, anche la nota vocale possa definirsi cronografia, cioè scrittura del tempo: se nel primo caso la parola sincronizza le immagini, nel secondo caso si fa apprezzare per la sua autonomia.

A partire da questa supposta autonomia, il riferimento a McLuhan serve per portare in avanti il discorso sull’oggetto telefono, nel segno di quella argomentata conformità con l’organico fortemente cercata da Bell. Dopo un richiamo a Finnegans Wake di Joyce (Television kills telephony in brothers broil), viene presentato il french phone, vale a dire l’unione del microfono e del ricevitore in un unico strumento:

una significativa indicazione di quel collegamento che i francesi fanno con naturalezza tra sensi che gli uomini di lingua inglese hanno avuto per molto tempo la tendenza a mantenere nettamente separati. Il francese è la lingua dell’amore proprio perché unisce voce e udito in modo particolarmente intimo, come fa il telefono. (McLuhan 1967, p. 241)

Ebbene, se già qualsiasi cellulare aveva raccolto voce e udito in dimensioni ristrette, è pur vero che nella variante smart può capitare di avvicinare l’altoparlante a un orecchio, per ascoltare meglio la nota vocale. In questo caso, solitamente, la posizione dello smartphone è diversa che nella telefonata, avendo modo di articolare una risposta una volta ascoltato tutto (o parte) del messaggio.
Insomma, a tutte le possibili combinazioni di digitazione permessa dal touch-screen, si aggiungono altre possibili gesti unitamente alla possibilità di servirsi di diversi dispositivi, quali auricolari o altoparlanti, per ascoltare la nota vocale.

 

1. Lexicon acousmatique

Come abbiamo derivato da queste premesse, la registrazione della voce è l’oggetto del desiderio al principio della riproducibilità tecnica del suono; la musica avrebbe fatto capolino più tardi, per rivendicare il suo primato in questioni di tal specie e la storia della musica, di qualsiasi caso, genere e numero, non sarebbe rimasta certo a guardare. Il fascino della registrazione aveva congiuntamente attratto diversi attori della vita culturale di inizio ‘900, a dimostrare l’irriducibilità alla sola dimensione musicale della voce riprodotta: il teatro avrebbe potuto forse rifocillarsi negli archivi fonografici 12 il cinema avrebbe di certo conosciuto l’urgenza della sincronizzazione in quanto votatosi essenzialmente all’esercizio vococentrica 13e, carsicamente, la questione della voce riprodotta avrebbe incontrato la sensibilità di artisti sonori, come dimostra il più recente caso dell’audio walk in Janet Cardiff 14

Il nostro contributo non dialoga con le forme d’arte, basandosi piuttosto su spunti offerti dalla vita quotidiana, intesa come sedimentazione di quei processi cui le stesse forme d’arte possono riferirsi. Eppure, nel definire i rapporti di andata e ritorno tra fonografia e telefonia, il dialogo con una dimensione più propriamente musicale resta inevitabile; per questo motivo si propone di indicare alcune definizioni attingibili da un lexicon acusmatique in riferimento al caso qui presentato della nota vocale prima di rivendicare una continuità metodologica nelle stesse teorie e pratiche del WSP 15.

Chiariamo anzitutto la definizione di acusmatico, un suono che si sente senza individuarne la causa secondo un riferimento alla pratica pitagorica (si racconta tenesse le sue lezioni nascosto dietro a una tenda). Pierre Shaeffer ha utilizzato tale concetto per poter analizzare il suono senza i vincoli semantici o linguistici legati alla fonte. Il suo scopo era quello di fornire al suono la condizione di oggetto a sé stante: l’oggetto musicale. Per l’ascolto del suono svincolato dalle proprie cause, è indispensabile uno strumento di registrazione e riproduzione del suono per il quale l’ingegnere francese ha elaborato un lessico di derivazione musicale come proposto nel Trattato degli oggetti musicali (Shaeffer 1966) prima, nella guida all’ascolto dal titolo Solfeggio dell’oggetto sonoro (Schaeffer 1967) più tardi.
Il ricorso all’esperienza della musica concreta non può giustificare totalmente lo spazio di gioco della nota vocale, laddove non è il suono in quanto oggetto sonoro a preoccupare i fruitori, piuttosto le parole scambiate. Completa il riferimento acusmatico una condizione che sarebbe stata più tardi definita di schizofonia, quando la riproducibilità del suono si definisce in virtù della separazione tra questo suono e la fonte che lo produce. Questa schizofonia sarebbe dunque un effetto della registrazione dei suoni, che possono essere ascoltati in differita e in assenza della loro origine naturale: la schizofonia introdotta dal processo di registrazione viene così considerata la fine dell’iconismo sonoro, ovvero della somiglianza tra segno sonoro riprodotto e oggetto sonoro di partenza. Come nel caso del paesaggio sonoro le condizioni di esistenza sono determinate dalla possibilità stessa di registrare e archiviare il suono, così il caso della nota vocale rivendica su piccola scala queste stesse condizioni, destinando i messaggi alle conversazioni con finalità immediate; se le stesse note vocali venissero considerate alla stregua di archivio, sarebbe possibile indagarle nella sottocategoria del paesaggio vocale?

2. In nome di una conclusione

Radio, grammofono, cinema, televisione, telefono: lo smartphone sembra aver ridotto le distanze tra questi diversi dispositivi, a garantire quel carattere di sveltezza con cui si confronta ogni tentativo che possa dirsi smart. Nella nota vocale vediamo rimediati alcuni principi della fonografia con particolare riferimento alla sua possibile distanza tra esecutore e ascoltatore.
Il telefono, che nell’ultimo decennio ha subito un processo di evidente rimediazione tecnologica al punto da farsi smartphone 16, sintetizza un primato quasi ontologico nel definire l’uomo del XXI secolo.

Affrancatosi dalla sola telefonata, il messaggio vocale ha reso possibile una comunicazione selettiva, più comoda nel suo sfacciato individualismo utilitarista: la telefonata è – in condizioni normali – estemporanea, improvvisata, impossibile da fissare e da ripetere; con WhatsApp è possibile comunicare quando si preferisce, senza il vincolo della risposta necessariamente immediata, è possibile pensare meglio cosa dire e come dirlo. Sopita da tempo nella ben poco più frequentata segreteria telefonia, la nota vocale risveglia una spinta fonografica che si rivela nella registrazione in quanto possibile artificio. Il contributo proposto si è limitato nell’indagine di questa condizione come specifica della nota vocale.

Antonio Mastrogiacomo

 

Notes:

  1. Come tale, conserva una residua possibilità di rinunciare a WhatsApp, servendosi del solo cellulare non connesso a internet.
  2. La data di nascita della messaggistica istantaea è fissata il 19 dicembre 2002 da Tina Warner, della AOL (Verizon Communications). È lei a depositare il marchio e il brevetto di instant messenger. In soli 7 anni, viaggiando attraverso internet, la messaggistica istantanea diventa disponibile prima nelle case (con, e poi senza, la necessità di avere il numero o l’e-mail del destinatario), in seguito sui cellulari (il destinatario può essere già conosciuto o estratto a sorte su richiesta). Nel 2009, WhatsApp è la prima app a offrire la possibilità di scambiare contenuti testuali e metadati contenenti immagini, animazioni, registrazioni. La messaggistica istantanea e la possibilità di effettuare telefonate tramite internet (con la tecnologia VoIP, Voice over IP) è accessibile, dal 2010, anche con la app Viber. Ad agosto 2011, Facebook Messenger, l’evoluzione di Facebook Chat (2008), permette lo stesso agli utenti registrati a Facebook – dal 2016, WhatsApp viene acquisito da Facebook inc. A ottobre 2011, iMessage (Apple Inc.) offre almeno le stesse possibilità e così Telegram dal 2013. La differenza tra le applicazioni sta nel differente modo d’uso che ognuna richiede in base all’offerta. Riferendoci in questa sede esclusivamente al modo d’uso del mittente, ogni app si pone come un filtro tra il mittente e la comunicazione che vuole trasmettere. A mo’ di alternativa a Whatsapp, si veda dunque la variazione di condizioni di esistenza della nota vocale in ambiente messanger di fb – durata max 1’, necessità di pressione del tasto rec.
  3. “Le interfacce vocali inaugurano la stagione dell’interazione “naturale” tra uomo e macchina: l’interazione si svolge come una naturale conversazione interpersonale, in maniera dunque ergonomicamente neutra. In pratica, l’interfaccia scompare: in primo luogo perché essa si sposta dal regime del visibile (le interfacce grafiche) a quello dell’udibile, in secondo luogo perché la naturalità dell’interazione vocale e il realismo sono tali che ci si dimentica di essere in dialogo con una macchina. Il primato si sposta così dall’ambito della visione all’ambito dell’ascolto, il computer mentre ci parla si smaterializza, la voce si disincarna.” Per il rapporto che lega l’ascolto alle voci digitali si veda (Napolitano 2018).
  4. Secondo Bolter e Grusin (1999), questo termine definisce il processo di evoluzione dei media che, attraverso una pratica di commento, riproduzione e sostituzione reciproca, rielaborano linguaggi e pratiche sociali dei mezzi precedenti.
  5. “Il fonografo fu concepito da Edison come macchina da ufficio, finalizzata in particolare a sostituire la dettatura e la stenografia con procedure più affidabili e rapide. Si trattava dunque di archiviazione di documenti sonori – pare che Edison avesse in mente anche un’applicazione equivalente a ciò che oggi è la segreteria telefonica” (Di Scipio 2013, p. 53).
  6. A tal proposito si segnalano da un lato Alla ricerca del suono perfetto di G. Milner (2016), dall’altro L’uomo fuori di sé. Alle origini della esternalizzazione: la fotografia, il fonografo e il telefono nella Parigi del XIX secolo, di Mario Costa (2018).
  7. Riferimento al II paragrafo del saggio sulla riproducibilità tecnica (Benjamin, 2012).
  8. La scrittura reagirebbe con la forza delle emoticon. A tal proposito si rimanda alla visione del film Emoji – Accendi le emozioni, disponibile su Netflix.
  9. Riferimento alla conclusione del IV paragrafo del saggio. (Benjamin, 2012).
  10. Riferimento al romanzo Quaderni di Serafino Gubbio operatore (Pirandello, 2013).
  11. Gli utenti di whatsapp devono stare attenti e sperare che l’interlocutore non abbia già ascoltato il messaggio; più fortunati invece gli utenti di iMessanger, cui è data la possibilità di riascoltare prima di inviarle. In questo caso gli strumenti della ricerca sociale si rivelerebbero maggiormente adeguati nell’indicare il peso delle convenzioni sociali insito nell’utilizzo delle note vocali. In questo contributo si è indicato piuttosto qualche elemento che gioca a favore della nota vocale quale spia di una possibile rimediazione fonografica.
  12. In accordo ad una lucida intuizione di Szondi in Teoria del dramma moderno: “Nel dialogo naturalistico, che anticipa le incisioni dei futuri archivi fonografici, echeggiano sempre anche le parole del drammaturgo, amante dell’esattezza scientifica”. (Szondi 2000, p. 58) A tal proposito si faccia riferimento alla lingua impiegata da Annibale Ruccello nella sua produzione teatrale – si veda a tal proposito Le cinque rose di Jennifer.
  13. Tali definizioni sono dovute alla lettura proposta da M. Chion nei suoi libri L’audiovisione (Chion, 2017) e La voce al cinema (1999=
  14. Si veda il capitolo dedicato all’artista nel libro Paesaggi attivi. Saggio contro la contemplazione. L’arte contemporanea e il paesaggio metropolitano di Viviana Gravano (Gravano 2012, pp. 167-198).
  15. A tal proposito si rimanda al testo Il paesaggio sonoro (Murray Schäfer, 1985).
  16. Letteralmente “telefono intelligente”: cellulare che incorpora al suo interno funzioni tipiche di un computer palmare portatile (agenda, contatti, editing di file, ecc.). Nel 2003-2004, inizia a diffondersi tra le funzioni degli smartphone anche la lettura di musica compressa in formati come l’mp3, fino a diventare un oggetto quanto mai interattivo sul fronte acustico grazie alle diverse funzioni di diffusione e registrazione del suono.
Aggiungi ai preferiti : Permalink.

I commenti sono chiusi.