“Le donne avranno pur diritto di salire alla tribuna, se hanno anche quello di salire sul patibolo”
— Olympe de Gouges
Il più delle volte che parlo con un uomo di femminismo non capisco perché mi guarda stizzito e ancora peggio ridacchia a denti stretti. Avviene la stessa cosa quando qualcuno fa una battuta sui neri o sugli ebrei (black humor lo chiamano), la battuta farà anche ridere, ma tutti sappiamo di non poterlo fare e così ci contorciamo pur di nascondere il ghigno soddisfatto che abbiamo sul volto. Non vi darò neppure il tempo di pensare a frasi come “sindaco o sindaca? Questi sono gli unici problemi delle donne al giorno d’oggi”, quindi uomini sedetevi e poggiate a destra il mazzo di chiavi e a sinistra la mascolinità tossica perché oggi vi parlerò della prima femminista della storia.
Olympe de Gouges nasce nel 1748 a Montauban in Francia ed è celebre per aver pubblicato “La dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina”, il primo documento che invoca l’uguaglianza giuridica e legale della donna in rapporto agli uomini.
Così esprimeva il suo pensiero Olympe:
“…Uomo, sei tu capace di essere giusto? Chi ti pone questa domanda è una donna: questo diritto, almeno, non glielo toglierai. Dimmi. Chi ti ha dato il potere sovrano di opprimere il mio sesso? La tua forza? Le tue capacità? Osserva il creatore nella sua saggezza; percorri la natura in tutta la sua grandezza, alla quale sembri volerti avvicinare, e dammi, se ne hai il coraggio, un esempio di questo potere tirannico. Risali agli animali, consulta gli elementi, studia i vegetali, getta infine uno sguardo su tutte le modificazioni della materia organizzata; e arrenditi all’evidenza, quando io te ne offro il modo. Cerca, scava e distingui, se puoi, i due sessi nell’amministrazione della natura. Ovunque, li troverai confusi, ovunque essi cooperano in armonioso insieme a questo capolavoro immortale!”
È stato un atto controverso, tanto che il 3 novembre 1793, dopo aver attaccato il regime di Robespierre e difeso Luigi XVI viene ghigliottinata “per aver dimenticato le virtù che convengono al suo sesso e di essersi immischiata nelle cose della repubblica”, questi sono stati i capi d’accusa che le sono stati mossi dalla giuria.
Ma non voglio ridurre questo articolo ad un elenco di date che nessuno ricorderà, sono ben lontana da far diventare la storia della prima femminista della storia una lista della spesa.
Ma chi era realmente Olympe? A sedici anni viene costretta a sposarsi, dopo aver avuto un figlio rimane vedova. Delusa della fugace esperienza coniugale rifiuta di risposarsi, considerando il matrimonio come “la tomba della fiducia e dell’amore”.
Dopo la relazione fallimentare decide di cambiare nome, essì, perché Olympe è uno pseudonimo, il suo vero nome era Marie Gouze, le vere motivazioni del gesto sono ancora ignote. Si presuppone che Olympe fosse il nome della madre, alla quale era molto affezionata e Gouges fosse la deformazione del suo cognome da nubile. Successivamente si lega a molti uomini, con nessuno dei quali in modo stabile. È grazie alle loro generose donazioni in denaro che riesce a permettersi uno stile di vita agiato, ma ben lontana da essere una cortigiana.
Si avvicina al mondo dello spettacolo, è stata l’autrice di opere teatrali, di saggi e di manifesti. Viene anche accusata di non essere lei l’ideatrice dei propri scritti. Usanza molto in voga all’epoca, per fare un esempio attuale le donne del ‘700 avevano la stessa valenza sociale dei terrapiattisti ai giorni d’oggi. Ma neppure questo l’ha fermata, allo scoppio della rivoluzione crede fermamente che fosse una possibilità di rivalsa per tutti, ma ben presto scopre l’amara verità, cioè che le donne non erano neppure menzionate nella Costituzione. Quest’atto è considerato da Olympe come un vero e proprio tradimento da parte dei Giacobini, che la spinge a esporsi in prima persona e ad attaccare Robespierre e la sua politica repressiva affermando: “Coraggio Maxmilien, tenta la fortuna fino all’estinzione… non governerai mai degli uomini illuminati”.
Queste parole le garantiscono la rabbia e la voglia di vendetta da parte di tutto il partito Giacobino, cioè le assicurano la condanna a morte.
Le sue ultime righe le dedica all’adorato figlio, scrivendo:
“Addio figlio mio, domani la mia testa sarà tagliata… credono di tagliare l’erbaccia ma è troppo tardi… Qualcosa è in marcia e nulla può arrestarlo…”
Parole che lette oggi, più che una valenza storica, hanno una valenza profetica. La drammaturga francese fu la prima delle tante donne che hanno combattuto e sono morte per un ideale comune: l’uguaglianza. È anche grazie a lei che abbiamo la possibilità di urlare a gran voce le nostre idee, senza che nessuno si senta in diritto di metterle a tacere. Non voglio scadere in una morale scontata e qualunquista.
L’unica cosa che posso dirvi è: Avvaletevi della libertà di decidere chi essere e chi diventare. Qualsiasi sia la lunghezza della vostra gonna o la grandezza della vostra mente, non sarò di certo io a giudicarvi. Ma se qualcuno dovesse farlo, non tacete, perché siamo state in silenzio per troppo tempo.
Paola Caravelli
Riferimenti:
- Olympe de Gouges, La Musa barbara. Scritti politici (1788-1793), a cura di Franca Zanelli, Quarantini, Milano, Medusa, 2009;
- Intervista a Eduardo Galeano tratta dalla rubrica “Incontri” di Luciano Minerva (2009), Rai – Radiotelevisione Italiana.
Immagine: https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Olympe_de_Gouges.png