I rilievi dei bracci del transetto di San Ciriaco ad Ancona: un modello adriatico di ascendenza bizantina a Montefollonico

https://www.torrossa.com/en/resources/an/4632035

 

Il caso dei rilievi di San Bartolomeo: datazione e influssi stilistici

Dall’età medievale fino al XVIII secolo il termine “borgo”, in Italia, designa una parte della città non fortificata dove risiedono gli artigiani con le loro botteghe; è, dunque, inesatto designare Montefollonico (Fig.1), frazione del comune di Torrita di Siena, come borgo: è appropriato, invece, contrassegnarlo come “castello” o “terra murata” poiché provvisto di fortificazioni di cui rimane la struttura medievale, così come per il Duomo intitolato a S.Leonardo (Fig.2) e la chiesa di S. Bartolomeo (Fig.3).

1. https://www.e-borghi.com/it/borgo/Siena/140/montefollonico

2. https://it.wikipedia.org/wiki/Chiesa_di_San_Leonardo_(Montefollonico)

 

3. http://www.terrestorie.com/posti/montefollonico/montefollonico.htm

Proprio in quest’ultima dovevano essere collocati i frammenti scultorei (Fig. 4, 5,6, 7 e 8) romanici rinvenuti da Calamini nel 2014, precedentemente messi in vendita illegalmente e circolanti nel mercato antiquario nonostante fossero già stati schedati e inventariati dalla Soprintendenza di Siena nel 1873 e 1897 ad opera di Francesco Brogi. In particolare, ci riferiamo ad alcuni conci in forme leonine e di grifone, alcuni capitelli e una lastra raffigurante S. Cristoforo. Questi erano stati trasferiti a S. Bartolomeo dopo la soppressione (1727) e poi demolizione (1737) del luogo di collocazione originaria: l’abbazia di S. Maria Assunta a Follonica (Fig.9), i resti della quale servirono alla costruzione della chiesa di San Paolo, demolita a sua volta nel XIX secolo.

https://www.torrossa.com/en/resources/an/4632035

 

9. https://www.noiframmentidisiena.it/rubriche/storia/375-montefollonico-e-l-abbazia-perduta.html

Nel 1758 il prete Valentino Andreucci menziona i frammenti, ancora collocati in S.Maria, descrivendo la facciata ad unico livello con pilastri, colonnine e cornicione, il cui assetto è simile al portale di S. Leonardo (fine XIII secolo), che già risente di Giovanni Pisano, ove nella strombatura si trova il capitello a crochet diffuso dall’ordine cistercense, con testine che ricordano il Duomo di Siena della seconda metà del Duecento.

Le due date nelle iscrizioni di S.Maria a Follonica, rispettivamente 1109 e 1275, momento in cui viene eretta la versione gotica successiva, forniscono un termine ante e post quem per datare i pezzi. Ma qual è il legame con le Marche? Per ripercorrere le vicende storiche occorre avere uno sguardo più ampio anche sulla chiesa di S.Quirico d’Orcia sulla Via Francigena (Fig.10) e sull’Abbazia di S.Antimo a Montalcino (Fig.11). In queste due facciate è possibile riscontrare la tipologia di “leoni difensori” ammorsati alle pareti, con uno dei due lati non lavorati: secondo la tradizione iconografica cristiana questi animali che vegliano anche quando dormono rappresentano il cuore di ogni cristiano sempre vigile verso Cristo e simboleggiano anche Dio come re della Terra. Oltre a questi, si trovano in entrambe le architetture coppie di colonne ofitiche che nascono in ambito medio-bizantino tra XI e XII secolo. Il passaggio è graduale nello stile: si va da una tipologia all’antica a S.Antimo (post 1170), che ricalca il naturalismo di Guglielmo nel pulpito del Duomo di Pisa (1170), dal 1312 a Cagliari, ad un graduale sintetismo elaborato a S. Quirico nel 1170-80 e poi Montefollonico nel 1180. Il modello è dunque S. Antimo ove è possibile riscontrare l’influsso pirenaico e linguadocano del maestro di Cabestany (Fig.12), il quale è autore anche dei capitelli di S. Stefano a Prato, paragonabili a quelli di Montefollonico, e anche ad alcuni esemplari a S. Nicolao a Giornico, in Svizzera, di ascendenza lombarda. Ciò , ribadito da Tigler, porta a pensare che maestranze lombarde avessero lavorato a S. Antimo per poi tornare a Nord e riportare i modelli visti in Toscana.

http://casavacanze.poderesantapia.com/italiano/valdorcia/sanquiricodorciacollegiatafacade.htm
https://dovevado.net/labbazia-di-santantimo/

 

12. http://www.poderesantapia.com/album/santantimo9a.htm

La lastra di S. Cristoforo

Per quanto riguarda le Marche occorre, sulla base di queste premesse, avanzare un paragone tra la citata lastra incisa in alabastro di S. Cristoforo a Montefollonico (Fig.13) ed i plutei di S. Ciriaco ad Ancona (Fig.14), datati 1189 e realizzati dai maestri locali Filippo e Leonardo che avevano appreso l’arte del mastice dal mondo bizantino come è evidente dai piani di profondità delle lastre con serie di santi nei bracci del transetto, cultura a cui apparteneva anche il S. Cristoforo “modello” marchigiano. Anche il frammento toscano presentava infatti un proseguimento con una serie di santi, venerati localmente, entro arcate. Questo perché Montefollonico faceva parte della Diocesi di Arezzo e l’area adriatica in questo periodo risentiva maggiormente degli influssi bizantini, mentre quella tirrenica (Siena, Val D’Orcia) risentiva maggiormente di influenze spagnole e lombarde.

13. https://torritastoriaartepaesaggio.wordpress.com/parlano-di-torrita/326-2/

 

14. Fonte diretta.

Conferme storiche si ritrovano anche nei caratteri iconografici del Santo di Montefollonico il quale è rappresentato come un gigante che tiene sulle spalle Gesù Bambino: Jacopo da Varazze nella Legenda Aurea del 1293 cita infatti la leggenda secondo cui S. Cristoforo avrebbe aiutato Gesù ad attraversare un fiume mentre questi diveniva sempre più pesante, simbolo del fardello che ogni cristiano tiene sulle spalle come responsabilità verso Dio. Spesso ciò fa del Santo protagonista il protettore dei viaggiatori e degli attraversatori di ambienti paludosi (come morfologicamente l’antico territorio di Montefollonico era) o dei traghettatori veneziani. Questa iconografia dunque è relativa al XIII secolo e successiva a quella tradizionale che vede S. Cristoforo raffigurato come milites con l’attributo del bastone fiorito o a quella di S. Cristoforo cinocefalo. Per questa datazione, relativa al XIII secolo e non coincidente con il periodo relativo agli altri rilievi, Calamini ipotizzava che il nome del santo fosse stato aggiunto in seguito e molti storici, tra cui Varischi nel 2015,  hanno ipotizzato che in origine si trattasse di Salomone poiché provvisto di corona e quindi re dell’Antico Testamento. Tigler e  Micheli smentiscono prontamente appellandosi alla chiesa dei SS. Giacomo e Filippo in provincia di Como dove la corona è presente e posata sul capo del santo dalla mano di Dio . Il ciclo con storie di S. Cristoforo in questo caso risale al 1007 ed è opera di Urano di Ossuccio (fig.15), mentre per quanto riguarda l’iconografia della corona con mano di Dio il modello è da ricercarsi nell’ambito imperiale tedesco dei codici miniati quali il Sacramentario di Enrico II (1014), oggi a Monaco e proveniente dal tesoro di Bamberg, o l’Evangelario di Ottone III (1000) (Fig.16), che farebbe significativamente retrocedere la datazione.

https://www.comune.crema.cr.it/sites/default/files/insula_fulcheria_2007_1_b-e.bertozzi-il_drago_del_gerundo.pdf
https://twitter.com/circeanna/status/890583408891580416

A conferma della datazione relativa all’XI secolo è possibile avanzare anche un confronto con il mosaico in facciata della chiesa di S. Miniato a Firenze (Fig.17) che raffigura l’omonimo Santo come martire, è presente, infatti, l’attributo della corona del martirio, iconografia che nel XII secolo è desueta, non chiaramente compresa e, dunque, fraintesa come avviene in questo caso fiorentino dove gli ecclesiastici intendono il termine “Minias” come “Erminia”, ossia Armenia, e scambiano il martire per un principe orientale originario dell’Armenia, mentre invece il monaco francese Drago, tra il 1014 e il 1018, ritiene che San Miniato sia vissuto ai tempi di Nerone e sia stato inviato da San Pietro a Firenze per evangelizzare la popolazione, poi divenuto tristemente famoso per l’episodio di cefaloforia che riguarda la sua decapitazione e il luogo dove egli volle che sorgesse la chiesa a lui intitolata. I fraintendimenti agiografici, dunque, ci fanno capire come effettivamente la lastra di Montefollonico deve collocarsi prima del XII secolo e confermano l’ipotesi dell’XI secolo.

 

17. https://www.iconatoscana.it/piazzale-michelangelo-e-san-miniato-al-monte/

L’unica differenza con il rilievo marchigiano sta, dunque, nel mancato uso del mastice e quindi dello sfondo grezzo che se da una parte fa pensare ad un possibile piano di ammorsatura per favorire l’adesione, dall’altra suppone la mancanza di mezzi economici e la scarsa disponibilità di materiali quali il piombo che occorreva nella realizzazione del mastice. Nello stesso San Ciriaco di Ancona ci sono però anche plutei sprovvisti di questo materiale , così come avviene nella lunetta con S. Giovanni Battista di San Leopardo a Osimo o nella lunetta con Deesis del Museo Diocesano di Ancona proveniente da San Pietro. Ciò perché, probabilmente, le maestranze marchigiane avevano appreso l’uso del mastice dai bizantini ma vi applicavano delle varianti per i motivi sopraelencati. Utile è un confronto con l’altra sponda dell’Adriatico,  in Croazia, dove particolarmente a Biskupia si trovano soprattutto lastre pure e incise semplicemente, come da modello più antico bidimensionale che tende poi ad evolvere nella tipologia leggermente più naturalistica della Blachernitissa. Questo atteggiamento bizantino lo si ritrova in forme simili nel tipo dell’Odigitria del Duomo di Ancona in due lastre importate a metà Duecento.

In conclusione, per delineare una specifica geografia storica, culturale ed artistica, occorre contestualizzare l’influenza bizantina che connota la zona adriatica nell’XI secolo (quindi anche le Marche e la Croazia) che si sposta a Montefollonico tramite Arezzo ed esaminare le maestranze che si fondono con quelle lombarde, linguadocane e spagnole in territorio toscano. Dunque, la datazione dei frammenti di Montefollonico deriva da queste due tendenze intersecate e si colloca nell’XI secolo.

 

Matilde Lanciani

 


BIBLIOGRAFIA

Tigler, G. (2019). Questioni di scultura: i reperti lapidei romanici provenienti da Santa Maria di Follonica e il crocifisso ligneo gotico detto del beato Brandano in San Leonardo, 151-163.

Tigler, G. (2010). Precisazioni sull’architettura e la scultura del Medioevo nel Valdarno Superiore, specie nei territori comunali di Figline e Reggello, 1000-1016.

Tigler, G. (2006). Toscana romanica, Jaca Book

Informazioni su Matilde Lanciani

Matilde Lanciani nasce a Macerata nel 1998. Dopo la maturità scientifica, consegue la laurea triennale in Beni Culturali indirizzo storico-artistico presso l'Università degli Studi di Perugia con una tesi dal titolo "L'alfabeto del secondo preraffaellismo a Roma. Alma Tadema e l'Esposizione Internazionale del 1883", un estratto della quale viene pubblicato a febbraio 2020 sulla rivista Archeomatica 3, dedicata alle nuove tecnologie applicate ai Beni Culturali. Ha acquisito esperienza nel settore attraverso una serie di tirocini formativi presso il Labirinto della Masone (Parma), la Fondazione Ranieri di Sorbello (Perugia) e la Diocesi di Ascoli Piceno con il progetto "Chiese Aperte: sulle vie del Romanico ascolano". Ha svolto l'attività di giornalista per un quotidiano online marchigiano e come giornalista freelance per la rivista italiana Artribune e Art Style Magazine. Attualmente è iscritta al corso magistrale di Beni Culturali presso l'Università di Firenze. Collabora come redattrice al progetto “Storiarte” e “Discovering Italia” come referente per la Regione Marche. L’interesse per la sceneggiatura è culminato nella selezione del corto #AUPASSODATE, realizzato con i membri dello staff Maviro, per il festival Internazionale del Cinema di Cefalù 2021, così come il corto “90sFlaw2”, interamente autoprodotto, risulta vincitore del Festival IncontrArti 2020 di MAB Firenze.
Aggiungi ai preferiti : Permalink.

I commenti sono chiusi.