Quando l’uomo dettò legge: il Codice di Hammurabi

“Se un mercante ha spinto il suo interesse al di là di 100.000 sila per un gur d’orzo o al di là di 1/6 di siclo e sei grani per un siclo d’argento e lo ha riscosso, perderà tutto quello che ha dato in prestito”.

 

“Posto che una donna provi avversione per suo marito, posto che suo marito la abbia molto trascurata, questa donna non ha colpa, ed essa prenderà la sua dote e tornerà nella casa di suo padre”.

 

Norme contro l’usura e la regolamentazione del credito, norme a tutela della coniuge e dei figli nati fuori dal matrimonio, questo e molto altro prescrive il leggendario Codice di Hammurabi, la prima raccolta di leggi scritte della storia umana pervenuta completa sino a noi (non la più antica, come si crede erroneamente, in quanto preceduta dalla Tavoletta di Ur, 2100 a. C. circa, scoperta negli anni ‘40).

 

Dettaglio della scrittura in caratteri cuneiformi nella quale è inciso il Codice di Hammurabi.

 

Faremmo un grave torto alla memoria del sovrano che regnò su Babilonia dal 1792 al 1750 a.C. se ricordassimo il suo raffinato codice legislativo solo per il ricorso alla cosiddetta “legge del taglione”, ovvero del contrappasso per analogia racchiuso banalmente nella formula “Occhio per occhio, dente per dente”, che a dirla tutta è da attribuire a Levitico 24, 19-20.

Il Codice di Hammurabi è molto più che una semplice lex talionis, malgrado il ricorso alle pene corporali e di morte abitualmente in uso all’epoca; è un vero e proprio caposaldo nella storia della “pubblica amministrazione”, come diremmo oggi.

Intanto perché, a fronte di una lunga tradizione orale, ci trovaimo davanti al primo corpus scritto con la pretesa di regolamentare gran parte degli aspetti legati alla convivenza civile della comunità. Quale comunità?

Abile amministratore e valoroso stratega, dopo aver conseguito schiaccianti vittorie sui popoli amorrei e assiri, Hammurabi estese i confini del suo regno dal Golfo Persico fino a sfiorare le coste del Mar Mediterraneo (ben 120.000 chilometri quadrati), attraversando la valle del Tigri e dell’Eufrate e facendo della città di Babilonia la sontuosa capitale dell’impero.

 

Estensione geografica dell’impero di Hammurabi (dal 1792 al 1750 a.C.).

 

Come ogni leader lungimirante, dopo aver consolidato le sue conquiste il re babilonese si preoccupò di garantire la pace interna e regolare la vita dei propri sudditi.

Oltre 200 articoli che affrontano con dovizia molti problemi giuridici comuni ancora al nostro tempo: disciplina del processo, diritto di proprietà, prestiti, depositi e obbligazioni, proprietà privata, diritto di famiglia.

Il tutto inciso sulla nera stele in diorite rinvenuta a Susa, antica capitale del regno di Elam (attuale Iran), nell’inverno tra il 1901 e il 1902 dalla spedizione archeologica francese condotta da De Morgan e tuttora visibile nella mitica Sala 106 del Museo del Louvre, a Parigi.

 

Stele del Codice di Hammurabi presso la Sala 106 del Museo del Louvre (Parigi).

 

Il detto latino “verba volant scripta manent” era di là da venire quando Hammurabi intuì l’importanza di mettere per iscritto le norme che i suoi predecessori avevano affidato alla tradizione orale, destinandole all’ambiguità di un’applicazione incerta.

Intorno al trentesimo anno di regno, stabilì che le sue disposizioni fossero incise su stele alte più di due metri da esporre nei templi e nei luoghi di maggiore visibilità per i sudditi e i funzionari alfabetizzati rispetto alla scrittura cuneiforme, ovvero la scrittura dei documenti ufficiali e delle relazioni internazionali dell’epoca, esattamente come l’inglese di oggi.

In cima alla stele possiamo ammirare il re in posizione stante nell’atto di ricevere lo scettro della Legge direttamente dalle mani di Shamash, dio della Giustizia, seduto in trono. Il resto è interamente coperto dai caratteri cuneiformi del testo, che incomincia con un prologo nel quale Hammurabi asserisce di essere stato chiamato dagli dei “a distruggere le forze del male, affinché il potente non opprima il debole”.

Segue quindi il corpus delle leggi vero e proprio: 282 articoli senza ordine sistematico, relativi al diritto penale, civile e commerciale, privi di ogni riferimento alla religione, appannaggio eslusivo dei sacerdoti e ben distinta dai poteri regali e amministrativi.

 

Parte sommitale della stele di diorite recante il Codice di Hammurabi (Museo del Luovre, Parigi).

 

Uno dei casi più interessanti della normativa del Codice di Hammurabi riguarda l’assegno bancario: i commercianti che trasferivano il loro carico di merci in un’altra città, dopo aver venduto i loro prodotti potevano riscuotere un vero e proprio “assegno”, ovvero una tavoletta d’argilla sulla quale veniva inciso il prezzo della merce contrattata in peso di rame o d’argento. Naturalmente questi “assegni” dovevano avere una copertura garantita, altrimenti avrebbero violato le leggi e il truffatore sarebbe incorso in una pena a dir poco severa.

Il Codice di Hammurabi è pressoché sconosciuto. La sua ultima pubblicazione risale infatti agli anni ’20 ed è un vero peccato: questo corpo di leggi, monumento dell’antica Mesopotamia al pari dei siti archeologici, è un vero e proprio fondamento della storia umana.

La sua impostazione ha influenzato ebrei, greci, romani e persino l’uomo medievale, svelando a noi contemporanei non solo gli usi e i costumi dell’epoca dalla quale proviene, ma la giurisdizione, ovvero la base del diritto che tuttora accompagna la nostra vita quotidiana ed economica.

Hammurabi sovrano illuminato dal quale trarre insegnamento per la nostra epoca? A leggere l’epilogo del suo straordinario codex si direbbe di sì…

 

“Nel mio seno raccolsi le genti della regione di Sumer e di Akkad, ed esse prosperarono sotto la mia protezione. Voglia ogni uomo oppresso venire alla presenza della mia statua di Re della Giustizia e possa la mia stele chiarirgli la causa, fargli vedere il suo diritto e dar sollievo al suo cuore”.

 

Azzardare paragoni storici è sempre una pratica distorsiva. Tuttavia, rileggere alcuni passaggi di un codice scritto oltre mille anni prima di Cristo e trovarli attuali, alla luce delle enormi difficoltà cui sono sottoposte le nostre democrazie occidentali, dovrebbe suscitare rispetto e ammirazione verso una umanità lontana nel tempo eppure ancora capace di insegnamenti universali.

Eliana Iorfida

 

Immagini:

  • https://commons.wikimedia.org/;
  • https://dizionaripiu.zanichelli.it/storiadigitale/p/mappastorica/276/limpero-di-hammurabi.

Informazioni su Eliana Iorfida

Archeologa e scrittrice. Si laurea a Firenze in Archeologia del Vicino Oriente e partecipa a importanti missioni di scavo internazionali (Siria, Egitto e Israele), trasformando i diari e le storie di viaggio nei romanzi di successo, Sette paia di scarpe (Rai Eri, 2014) e Antar (Vertigo Edizioni, 2018). Dell’autrice anche la raccolta di racconti La scatola dei ricordi (Formebrevi Edizioni). Caporedattrice per ViaggiArt, portale sul turismo culturale; è di recente uscita il suo terzo romanzo per Pellegrini Editore, dal titolo Il figlio del mare. Foto profilo. Autore: FerMentis
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