Cosa resta del Covid: il primo impatto sulla produzione letteraria. Intervista a Daniela Rabia.

Chi di noi durante la quarantena non ha tenuto un diario, o quantomeno preso appunti, tartassato di note una pagina, per dare modo a quelle giornate apparentemente vuote di lasciare un segno, una traccia nel tempo?

La Storia dimostra che è un istinto connaturato nell’uomo quello di scrivere quando sembra che le cose sfuggano di mano: se non siamo capaci di controllarle, cerchiamo istintivamente di analizzarle, anche a far sì che qualcuno dopo di noi possa avvalersi in situazioni analoghe delle nostre riflessioni, per capire, ricordare, sapere di non essere solo.

Se la penna è un mestiere, tutto questo può tradursi facilmente in un’opera letteraria in cui, in prima persona, l’autore racconta semplicemente le sue vicissitudini e riflessioni – e numerosi sono stati i casi, a livello nazionale e locale.

Ma qualcuno sa andare oltre.

È il caso di Daniela Rabia, che ha incamerato quest’impulso atavico proiettandolo sul protagonista di un romanzo, “A un metro da voi”, uno dei suoi lavori più compiuti, edito dalla casa editrice romana Libereria: è il giovane Lorian a decidere di racchiudere in uno scrigno di carta il suo tesoro di emozioni, di paure, di quotidiane gioie e avversità, per lasciare qualcosa di un momento storico che – lui stesso lo sa – solo il tempo, nel lungo corso, potrà aiutarci a comprendere davvero. Ma intanto Lorian vive la sua vita, rendendosi conto di quanto è sfaccettata e complessa – e la nostra prima impressione è che, rinchiusa fra le mura domestiche, un’esistenza come la sua quasi esplode, senza il conforto salvifico della scrittura.

Il romanzo “A un metro da voi” di Daniela Rabia, edito da “Libereria”

Beninteso, Lorian non è un ragazzo che ama la movida e che si confida su Facebook, non si chiude in camera per ascoltare ad alto volume musica trap facendo attività fisica e non resta ore attaccato alla televisione. Ma è una persona intellettualmente vivace, e usa il suo periodo di reclusione forzata per compiere un percorso dentro sé stesso che lo porterà ad una comprensione più matura non tanto del fenomeno Covid, quanto della realtà sociale in cui vive da sempre.  Nonostante ne sia stato apparentemente allontanato, di quella realtà Lorian continua a respirare l’aria dolceamara – se pure da una finestra o attraverso una mascherina – ed è questo a mantenerlo con i piedi per terra, a permettergli di analizzare, capire, dare testimonianza di sé. Per questo “A un metro da voi” è un libro che tiene molta compagnia al lettore, portandolo gradualmente, con dolcezza, a guardare fuori, ad andare oltre un momento presente ancora segnato dall’incertezza.

Ma andiamo a scoprire il punto di vista dell’autrice.

Intervista a Daniela Rabia.

1) Abbiamo visto che il tuo ultimo lavoro è un romanzo, non una semplice testimonianza diaristica. Come mai hai scelto di creare un personaggio letterario, e non di raccontare, come altri, la tua esperienza in prima persona?

Non credo che si scelga se, come e quando scrivere. L’ispirazione per me è come un fiume in piena (questa volta più che mai) che non puoi arginare, controllare, indirizzare. Ho indossato i panni di Lorian, un venticinquenne che vive, come tutti abbiamo fatto, l’esperienza traumatica del coronavirus. Posso solo affermare che mi sono trovata benissimo in lui, è uno dei miei alter ego come Matilde, Goy e altri che ancora non sono usciti dalla penna.

2) In che modo sei arrivata alle conclusioni finali cui Lorian approda? E’ accaduto durante il periodo di quarantena, o erano riflessioni già presenti nel tuo intimo?

Lorian è assolutamente figlio delle ripetute quarantene e della clausura indotta dal Covid – 19. Tutto il suo percorso esistenziale è figlio del periodo che abbiamo vissuto, che stiamo ancora vivendo. Per lui il cammino è finito, per noi continua, speriamo ancora per poco. Ovviamente anche i suoi approdi di pensiero e d’anima sono frutto dei giorni del buio, del grigio del momento e infine dello spiraglio di luce arrivato.

3) Cosa pensi in generale della Letteratura nata nel periodo Covid-19? Sarà utile come testimonianza futura, o si estinguerà una volta passata l’ondata pandemica e il malessere generale?

Occorre vedere di che letteratura si tratti. Non possiamo generalizzare. Il coronavirus ha ispirato tanti artisti, tanti saggisti, tanti scrittori. Bisognerà leggere e analizzare, magari anche dopo tempo che ci si è allontanati dalla pandemia. Sicuramente produrre arte aiuta l’artista a sgomberare il proprio animo dai pesi esistenziali legati al momento. Poi, se quanto si è scritto, scolpito, dipinto, messo in musica è bello, resta nel tempo e sopravvive al suo scorrere. Certamente ogni opera sarà un tassello di testimonianza in un futuro più o meno vicino. Quanto all’estinguersi o meno di questo tipo di scrittura penso che andando avanti alcuni scriveranno sotto ispirazione, altri per moda o perché fiutano un possibile business legato al filone letterario. E qua si dovrà leggere con più attenzione ancora. Non ho mai amato la letteratura che si piega a logiche altre che non siano la trasmissione di sentimenti veri e autentici. Per me nella sua accezione più identificativa la scrittura è incontro tra anime, quella di chi scrive e quella di chi legge.

Giulia De Sensi

 

 

Immagini: Facebook “Daniela Rabia – scrittrice

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