Dall’aspetto più sottile e raffinato rispetto alle spade dei cavalieri medievali europei, la katana è l’insostituibile compagna di battaglie di un samurai, brandita con maestria dopo anni e anni di addestramento, tanto da entrare totalmente in simbiosi con essa.
Il termine katana indica più genericamente le armi bianche giapponesi che sono divise per tipologia secondo determinate caratteristiche: la wakizashi ad esempio, è una spada a lama corta portata insieme alla uchigatana (ovvero il tipo più comune che erroneamente viene definita solo katana, lunga circa 60 cm e con la punta ricurva e impugnata a due mani) entrambe portate dai guerrieri allacciate all’obi (cintura). Sono composte generalmente da una tsuba, in altre parole la guardia, la tsuka (impugnatura), lo tsukaito (l’intreccio di stoffa posto sulla tsuka), la saya (fodero) e altri elementi sia estetici sia pratici.
La produzione di armi in Giappone è molto antica: le tecniche di forgiatura furono apprese dalla Cina, e i primi a produrle furono i monaci della scuola buddhista Tendai e gli yamabushi, eremiti che vivevano sulle montagne. Nel IV secolo circa i Mongoli invasero il paese, e la forma delle loro scimitarre fu d’ispirazione per creare le proprie spade (modificandone la larghezza e la curvatura pronunciata). Nel periodo Heian (794-1185) la katana inizia cambiare leggermente: ingentilita e allungata, ricurva solo verso la punta, era usata spesso per combattere a cavallo, ma nel periodo Kamakura (1185-1333), con l’ascesa al potere del bakufu, cioè il governo militare fondato dal grande guerriero Minamoto no Yoritomo, la produzione inizia a farsi più intensa a causa delle numerose guerre, e la figura del samurai inizia ad acquisire forte prestigio e potenza. Le tecniche di produzione delle armi perciò subiscono un cambiamento qualitativo senza precedenti: la katana acquisisce così tanta importanza che per la sua forgiatura furono fondate diverse scuole di maestri spadai, le più famose note come le “Cinque Scuole”. Tra le più importanti apparivano la Scuola Bizen a Okayama, che produceva quasi tutte le armi in circolazione in Giappone riconoscibiligrazie a una serie di elementi, come la curvatura che ne prende il nome (Bizen sori) e la Scuola Yamato, casa di grandi maestri come Okazaki Masamune.
Tuttavia è nel periodo Muromachi (1336-1573) che la richiesta di armi ha il suo picco: le molte guerre combattute in questo arco storico (tanto da passare alla storia come Sengoku o degli “stati belligeranti”) portarono a una produzione massiccia di armi di ogni genere. Allo stesso tempo se ne modificarono ancora le caratteristiche per migliorarle ulteriormente (fino ad assumere la forma che conosciamo oggi) come accorciandone la lunghezza, fino a misurare circa 60 centimetri e adattandole anche ai guerrieri che combattevano a cavallo.
Quando il Giappone fu finalmente unificato sotto lo shogunato Tokugawa nel 1603, si ha un periodo di pace in cui persino le Cinque Scuole furono chiuse, perciò possedere una katana non aveva più una valenza pratica quanto più estetica, tanto da cambiare addirittura il materiale con cui erano fabbricate (acciaio al posto del ferro). Portarne una era quasi un modo per identificare lo status sociale di chi la possedeva, cambiandone la percezione in maniera radicale: probabilmente è proprio qui che diventa uno strumento quasi “sacro” più che un mero oggetto. Con l’apertura dei porti all’Occidente, nel 1876 fu stabilita una legge detta Haitorei che proibiva di portare una katana in pubblico, determinando così la fine della casta samurai e l’adozione delle spade in stile occidentale.
Tuttavia l’interesse verso la tradizione non è mai del tutto morto, ma anzi fu riscoperto durante la Seconda Guerra Mondiale in cui i giapponesi cercarono di riproporre una produzione come quella del passato, sebbene non fosse possibile eguagliarlo sia qualitativamente sia quantitativamente.
Oggi, sono fabbricate numerose spade principalmente usate nelle arti marziali, dando la possibilità di provare le stesse sensazioni che provava un vero samurai nel momento in cui ne brandiva una.
Un mercato a parte invece è dedicato a quelle puramente espositive, fabbricate in acciaio e di fattura decisamente migliore, ma allo stesso tempo non sono utilizzabili per gli allenamenti. Sono repliche generalmente apprezzate e ammirate dagli appassionati.
Checché se ne dica, l’aura mistica che avvolge la katana è ancora viva, affascinando ancora oggi sia gli occidentali sia gli stessi giapponesi, che continuano a venerarle quasi come ricordo di un passato glorioso che non è mai stato dimenticato.
Vittoria Aiello
Immagini:
- The Great Battle of Yamazaki (Kabuki & Legend – https://degener.com/2651.htm
); - Kesa Gozen (The Lavenberg Collection of Japanese Prints – http://www.myjapanesehanga.
com/home/artists/kiyochika- );kobayashi-1847-1915-/kesa- gozen-and-endo-morito-from- the-series-instructive-models- of-lofty-ambition - Katana; Author: “skefalacca” da Pixabay.
Laureata in Lingue e Culture Orientali, il disegno e l’Asia sono le sue più grandi passioni. Lettrice instancabile, non perde mai l’occasione di scoprire e imparare cose nuove da altre culture.